| Ricevo e pubblico
Sono preoccupato.
Da quando è stato ratificato il nuovo CCIM si è aperta una discussione sull'interpretazione dell'art.13, e conseguentemente sulla sua corretta applicazione, che nonostante un successivo accordo interpretativo (che in realtà nulla spiega), l'emanazione di tre circolari, alcune ore dedicate al tema al tavolo di contrattazione nazionale e decine di interventi nei forum sindacali, sembra non trovare un punto d'approdo. Anzi a me pare che più ci si addentri, più il giardino diventi prima parco, poi bosco, macchia, selva. Ecco quindi che, prima di addentrarci nell'intricata foresta amazzonica, provo anch'io a dare un contributo che ha il merito (me lo do da solo) di cercare di inquadrare il problema in maniera più organica di quanto mi sembra sia stato fatto e, soprattutto, partendo da quello che, nel famigerato art.13, c'è scritto.
Mi permetto di dire che probabilmente molti tra coloro che al tavolo nazionale hanno partecipato al lavoro di faticosa mediazione che ha portato alla definitiva stesura di quel testo dovrebbero probabilmente rileggerlo. Credo che molti di loro si ricordino parti della discussione che poi nel testo non sono state inserite. Non sono altrimenti comprensibili posizioni che non trovano riscontro nel contenuto dell'art.13 ne lo stallo in cui oggi ci troviamo.
Ma proviamo ad andare per ordine. L'art.13 contiene una novità rispetto al passato in quanto con il comma 2 si modifica la natura dell'indennità di turnazione che diventa una “retribuzione che è finalizzata a compensare il disagio derivante dall'articolazione dell'orario di lavoro avvicendato secondo ritmi-discontinui ancorché prestabiliti”. Una seconda novità, che è diretta conseguenza della prima, è l'istituzione della retribuzione collegata al turno mattutino. Gran parte dei problemi nascono dalla necessità di tradurre in pratica queste novità. Ma come già detto, andiamo per ordine. Dal comma 2 si evince un primo punto fermo: per avere diritto alla retribuzione di turnazione il personale interessato deve prima sopportare il disagio. Diventa quindi necessario che ruoti effettivamente nelle turnazioni e non può bastare essere inseriti nella programmazione. Detto questo, resto stupito nel notare la pervicacia con la quale da più parti si insiste sulla necessità che ogni singolo turnista realizzi la perfetta parità fra turni lavorati di mattina e di pomeriggio perchè nell'art.13 così come nel resto del CCIM questo non c'è scritto. Infatti l'unico cenno al concetto di parità è contenuto nel comma 7 che però recita: “nell'ambito della PROGRAMMAZIONE il numero dei turni pomeridiani feriali è pari a quello dei turni antimeridiani feriali”. E' del tutto evidente che, se la lingua italiana conserva un senso, non è possibile confondere il significato della parola programmazione attribuendogliene arbitrariamente uno diverso. La circolare n.68 del 23 febbraio 2010 quando al punto 1 specifica che “il numero dei turni antimeridiani feriali deve essere uguale al numero dei turni pomeridiani feriali”, richiamando poi gli Istituti alle necessarie attività di valutazione in sede di programmazione e poi di monitoraggio e verifica, non può che riferirsi al complesso dei turni prestati dalla totalità dei soggetti coinvolti e mai a quelli effettuati dal singolo turnista. Anche perché il primo comma dell'art.13 precisa che “il sistema delle turnazioni è finalizzato a garantire l'apertura al pubblico per 11 ore al giorno di musei, aree archeologiche, siti monumentali, biblioteche e archivi.....” e questo non lo garantisce mai il singolo lavoratore (che si chiami Ciccio o Pippo fa lo stesso) ma l'insieme dei lavoratori inseriti nell'organizzazione del servizio. Poiché anch'io condivido lo spirito (che se anche non lo condividessi sarebbe lo stesso perché rimarrebbe il fatto che così è scritto) del primo comma e anche del terzo quando individua la necessità di istituire “un sistema di controllo e monitoraggio..............al fine di permettere adattamenti e correttivi per ottimizzare le risorse finanziarie e l'utilizzo del personale” consiglierei casomai all'Amministrazione di intervenire per evitare gli eventuali abusi che sembrerebbe aver riscontrato dal momento che, nella stessa circolare n.68, parla di preesistente sistema che avrebbe creato vantaggi per i singoli a danno della funzionalità e dell'equa ripartizione dei compensi. L'intervento risolutore è quindi quello di agire sull'organizzazione del lavoro in modo da evitare sperequazioni nelle presenze del personale all'interno dei turni (semprechè non siano giustificate dalla necessità di adeguarsi alla richiesta di fruizione e di presenza del pubblico). Sarà perciò sufficiente incaricare i capi d'istituto ad applicare quanto previsto dalla seconda parte del terzo comma come peraltro già fatto con la circolare n.68.
Altro aspetto preoccupante della discussione in corso è l'idea di retribuire al singolo lavoratore turnista solo la quota paritaria di turni mattina-pomeriggio (se non ho capito male, nell'ipotesi di un lavoratore che abbia effettuato nel periodo di riferimento 30 mattine e 70 pomeriggi verrebbero pagate le quote pari: 30 e 30). Questo mi sembra molto pericoloso perché potrebbe essere foriero di una stagione di contenziosi legali, con un duplice rischio per l'amministrazione: quello di perdere le cause davanti al giudice del lavoro (perché da nessuna parte nel contratto c'è qualcosa che giustifichi quella posizione) e quello di esacerbare inutilmente gli animi.
Io proporrei invece di quantificare una quota di disagio minimo da superare per rientrare nello status di turnista. Si potrebbe per esempio stabilire che il monitoraggio avvenga una volta ogni tre o quattro o sei mesi e che ogni singolo lavoratore in quel periodo debba realizzare un numero minimo di turni diversi (potrebbe essere espresso in termini assoluti indicando un numero minimo 10, 15, 20 oppure indicando una percentuale rispetto al totale dei turni effettivamente lavorati). Per coloro che non raggiungessero la quota minima prevista non dovrebbe scattare il mancato pagamento delle turnazioni (che ritengo potrebbe anche questo provocare ricorsi al giudice con qualche probabilità di successo perché comunque i turni sarebbero stati lavorati) ma un sistema di avviso, con l'obbligo di rientro nelle quote nel periodo immediatamente successivo. In buona sostanza affiderei tutto all'organizzazione del lavoro ed alla capacità di controllo e verifica dell'amministrazione.
Altro aspetto di preoccupazione è dato dalla riproposizione dei quantitativi massimi lavorabili di turni notturni mensili e di turni annui festivi. E' proprio quest'ultimo limite (30% elevabile al 50% con contrattazione decentrata) che evidenzia, almeno nel mio Istituto, un problema di carenza del personale addetto. Non sto a rifare qui tutti i conti ma calcolando il numero di festività presenti nel calendario del 2010 e moltiplicandolo per le presenze necessarie nei vari turni, si arriva alla cifra totale di 1750 presenze necessarie a garantire l'apertura e la sorveglianza a museo chiuso. Per inciso sto parlando della Galleria Nazionale dell'Umbria, museo con 40 sale espositive disposte su due piani per la quale ho calcolato 10 unità in servizio nei turni mattina e pomeriggio, 2 unità nelle rare festività nelle quali il museo resta chiuso e 3 unità in servizio notturno. In servizio presso la G.N.U. Ci sono attualmente 40 unità dell'area vigilanza delle quali 10 ex-ATM in servizio part-time. Considerando che nell'anno sono presenti 63 festività, ogni singolo lavoratore ne potrebbe lavorare al massimo 31 perché già con 32 avrebbe superato il limite del 50%. Moltiplicando 31 per 40 si ottiene la somma di 1240, cioè il numero massimo di turni festivi lavorabili da contratto. Quindi anche equiparando il personale in part-time (ma sarà così?) e attribuendo a tutti il numero massimo di festività (ma anche questo non è scontato), restiamo sotto di 510 turni . Questo mi sembra un problema più serio che dovreste affrontare e risolvere perché va ad incidere negativamente e pesantemente proprio sull'esigenza primaria di garantire l'apertura e la fruizione dei musei. Provo anche stavolta a dare un suggerimento. Andando a rileggere i vecchi contratti e i vecchi accordi, troverete anche voi che qualche anno fa si era stabilità la possibilità di superare volontariamente quei limiti in cambio di una piccola integrazione all'importo della turnazione festiva, forse quella è una strada percorribile.
Un ultima considerazione su un' altra idea che sta circolando. In linea di principio penso che la nostra linea del Piave debba esse sempre attestarsi sul raggiungimento del risultato e quindi sul miglioramento dell'azione amministrativa e dell'offerta dei servizi. In quest'ottica posso anche comprendere l'utilizzo dell'istituto della turnazione anche per aumentare gli orari di apertura degli uffici, ma sempre e solo se questo significa andare incontro ad una reale esigenza dell'utenza. Se così non fosse mi sembrerebbe un po' ridicolo creare un Dicastero dei Turnisti solo perché c'è la voglia da parte di qualcuno di inseguire uno dei miti del nostro ministero che è quello dei “custodi che si prendono tutti i soldi”.
Grazie per la pazienza, Marco Saltalippi RSU SBAP e SBSAE dell'Umbria Perugia, 27/02/2010
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