il TAR Lazio respinge uno dei ricorsi dei restauratori (l'ho letto non era dei migliori)

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Libero Rossi
view post Posted on 19/7/2010, 13:25     +1   -1




N. 26075/2010 REG.SEN.

N. 09936/2009 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 9936 del 2009, proposto da:
Rinaldo Agostinelli, Leone Algisi, Francesco Algisi, Cristiana Antonioli, Marilena Anzani, Cristian Barbarulo, Francesca Bazan, Michele Bernardi, Roberto Bestetti, Silvia Bianchi, Donatella Borsotti, Marco Bresciani, Umberto Brianzoni, Ida Maria Burzio, Francesca Buzzetti, Alessandra Caccia, Daniele Rosaria Calvi, Franca Cantù, Danilo Carelli, Alberta Carena, Gianluigi Anselmo Casati, Francesca Cè, Katiuscia Chiari, Elena Chiesa, Angela Chiodelli, Fabiola Maria Domenica Cigardi, Alessandro Cini, Federica Colombani, Giovanna Colombo, Marzia Daina, Eugenia De Beni, Dino De Feudis, Anna Della Casa, Massimo Deola, Matteo Di Maggio, Andrea Di Sipio, Elena Dognini, Nicola Donadoni, Francesca Esposito, Simonetta Ferraris, Chiara Federica Ferrero, Roberta Festa, Giovanna Fra, Gloria Galdini, Daniela Gatti, Bruno Giacomelli, Federica Giudici, Carla Grassi, Elena Gregoris, Clara Orsola Grillo, Gianbattista Gritti, Sonia Introzzi, Giulia Lange, Daniela Lepori, Andrea Lutti, Elena Luzzani, Shara Fabiana Mangiarotti, Paolo Marchetti, Martino Mascherpa, Federico Mecca, Laura Menegotto, Vito Milo, Alda Rita Molinari, William Nava, Nicola Negrello, Jessica Occhioni, Francesca Olmo, Cesare Ottaviano, Giorgio Pasinetti, Mara Pasqui, Alfiero Rabbolini, Aurelio Ravasio, Adriana Re, Annalisa Rebecchi, Davide Riggiardi, Francesco Rizzo, Gianmaria Paolo Rossi, Federico Sacchiero, Fulvio Sina, Silvia Smerieri, Alessandra Tibiletti, Ignazio Tombini, Patrizia Tornaghi, Luca Villa, Tiziano Villa, Adriano Vignardi, Luca Zappettini, Anna Zecchi, rappresentati e difesi dagli avv. Miriam Campana, Michele Torri, Aurelio Richichi, con domicilio eletto presso Aurelio Richichi in Roma, via Ceresio, 85;


contro

Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca;


per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- del bando di selezione pubblica per il conseguimento delle qualifiche professionali di restauratore di beni culturali, ai sensi dell’art. 182, commi 1 ed 1-bis, del Codice dei Beni culturali e del paesaggio, nonché di collaboratore restauratore di beni culturali, ai sensi dell’art. 182, comma 1-quinquies, del Codice, pubblicato in G.U. n. 75 del 29.9. 2009, nella parte in cui disciplina le relative modalità di prova secondo regole ritenute in varia misura pregiudizievoli per i ricorrenti, nonché per altri profili meglio specificati nel ricorso;




Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2010 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;




FATTO

Le ricorrenti ed i ricorrenti sono restauratori che da molti anni eseguono attività di restauro su beni sottoposti a tutela e che hanno ottenuto, nel corso degli anni, diversi titoli di studio da “restauratori” ed hanno eseguito interventi di restauro con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell’intervento.

I ricorrenti sono i destinatari del complesso dettato normativo risultante dai recenti provvedimenti legislativi e regolamentari che hanno istituito le qualifiche di restauratori e collaboratori restauratori, a partire dall’art. 29, commi 7, 8 e 9 del codice dei beni culturali.

Sino al 2000, peraltro, molti dei ricorrenti hanno lavorato con responsabilità diretta nella esecuzione degli interventi di restauro ed hanno intrapreso percorsi formativi importanti ed impegnativi con riferimento a migliaia di ore di studio ed anni di formazione presso numerosi istituti che rilasciavano – e rilasciarono anche dopo il 2000 – il titolo di restauratore.

La sola norma in materia di formazione esistente alla data del 2000 era di poco precedente ovvero l’art. 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, emanato successivamente al completamento degli studi di restauro della maggior parte dei ricorrenti, decreto istitutivo del Ministero per i beni e le attività culturali, secondo il quale presso l’Istituto Centrale per la patologia del libro sarebbero stati organizzati corsi di formazione e specializzazione in concorso con le Università ed Istituzioni anche straniere.

La regolamentazione dei corsi e delle scuole era però da stabilirsi con successivi regolamenti ministeriali, unitamente al riordino delle scuole di restauro.

Nel 2004, dopo ben quattro anni, nel corso dei quali i restauratori ricorrenti hanno continuato a lavorare per mantenere sé e le proprie famiglie, nonché alla luce del fatto che nessuna delle norme sopra riportate era stata attuata con apposito regolamento e poiché la norma appariva essere riferita alla qualificazione SOA, veniva emanato il codice dei beni culturali che, all’art. 29 afferma che gli interventi di restauro o altre attività di conservazione dei beni culturali mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sono eseguiti in via esclusiva da coloro che sono restauratori di beni culturali ai sensi della normativa in materia.

Il codice ha ribadito, poi, quanto al percorso formativo, che l’insegnamento del restauro è impartito (dal 2004) dalle scuole di cui all’art. 9 D.Lgs. n. 368/1998 nonché dai centri di cui al comma 11 e dagli altri soggetti pubblici e privati accreditati presso lo Stato, secondo un decreto del Ministro sull’accreditamento.

Nel 2009 il legislatore ha poi emanato i regolamenti attuativi e le Linee guida applicative del disposto di cui all’art. 182 D.Lgs. n. 42/2004 con cui ha disciplinato compiutamente i profili relativi alla qualifica di “restauratore” e “collaboratore restauratore”.

Deducono i ricorrenti la illegittimità degli atti impugnati sotto i seguenti profili:

- illegittimità del bando e della circolare 53/2009 (linee guida) e del decreto 35/2009 per irripetibilità della prova e per esclusione per mero errore formale; violazione dell’art. 182, comma 1 bis; illegittimità del bando e delle linee guida per eccesso di potere e irragionevolezza; violazione dell’art. 182, comma 1, violazione dell’art. 3 Cost. e degli artt. 41 e 97 Cost.; illegittimità per discriminazione nell’accesso al mercato del lavoro e disparità di trattamento tra lavoratori; violazione dei regolamenti nn. 86 e 87 del 2009 del Ministero per i beni culturali;

- eccesso di potere per sviamento; violazione delle Linee guida, dell’art. 182 D.Lgs. n. 42/2004 e del decreto n. 53/2009; eccesso di potere per disparità di trattamento; eccesso di potere per contraddittorietà;

- illegittimità del bando e del decreto n. 35 e della circolare n. 53 per eccessiva discrezionalità e violazione del principio di legalità dell’azione amministrativa;

- violazione del principio di legalità dell’azione amministrativa in relazione al legittimo affidamento;

- violazione del principio di irretroattività della legge e delle norme regolamentari impugnate;

- violazione dell’art. 117 Cost.;

- illegittimità delle linee guida e del bando nella parte in cui prevedono il requisito della responsabilità formale; violazione dell’art. 182 del codice dei beni culturali; violazione del decreto n. 35/2009;

- violazione dell’art. 182 e dell’art. 3 Cost. ed eccesso di potere per irragionevolezza;

- illegittimità per violazione degli artt. 29 e 182 del codice dei beni culturali; eccesso di potere per disparità di trattamento in relazione ai titoli di studio; violazione dei principi di irretroattività delle norme; violazione dei decreti nn. 86 e 87 del 2009;

- eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 182 del codice dei beni culturali per contrarietà agli artt. 3, 4, 41 e 97 Cost.

Si costituiva in giudizio l’Avvocatura dello Stato deducendo in via preliminare la inammissibilità del ricorso e, nel merito, la sua infondatezza.

Alla udienza dell’11 maggio 2010 il ricorso era trattenuto in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio di dover richiamare le disposizioni normative che regolano la materia e di dover ripercorrere brevemente le vicende che hanno preceduto l’entrata in vigore dell’art. 182 del D.Lgs. 423/04.

L’Avvocatura erariale, nella sua ampia memoria difensiva, ha ricordato come - fino in tempi recenti - la nozione di restauratore di beni culturali non fosse tipizzata nel nostro ordinamento, e come le Amministrazioni dovendo affidare delicati lavori di restauro, si avvalessero della conoscenza diretta dei restauratori, ricorrendo all’affidamento fiduciario.

Detto regime è perdurato fino all’entrata in vigore del D.M. 294/00, novellato dal D.M. 420/01, il quale per la prima volta ha individuato la nozione di “restauratore di beni culturali” ai fini della qualificazione per la partecipazione alle gare di appalto, non essendo ulteriormente procrastinabile l’assoggettamento dell’affidamento dei lavori di restauro alla disciplina comunitaria e nazionale sugli appalti di lavori.

Di qui la necessità di disciplinare la materia, ed in particolare di individuare la nozione di “restauratore di beni culturali”, e dunque di identificare in modo chiaro e definito, il soggetto titolare di capacità tecniche e professionali di altissimo livello in grado di progettare e di eseguire “l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali” secondo la definizione desumibile dall’art. 29 del codice.

La qualifica di restauratore oggetto di tipizzazione non poteva che essere unitaria, e una volta acquisita, avrebbe consentito di poter partecipare a procedure di evidenza pubblica relative a lavori di restauro su qualunque tipo di bene culturale, sia esso di minore rilevanza storica – artistica, sia esso di inestimabile valore.

Pertanto, già al momento della prima individuazione del concetto di “restauratore di beni culturali” intervenuto con il D.M. 420/01, si è addivenuti alla scelta di riconoscere la qualifica soltanto ai soggetti titolari di un corso di studi specifici di sicura qualificazione professionale (diploma rilasciato da una scuola di restauro statale di cui all’art. 9 del D.Lgs. n. 368/98 di durata non inferiore ai quattro anni e diploma di laurea specialistica in conservazione e restauro del patrimonio storico –artistico, requisito questo ritenuto non più sufficiente ex sé secondo l’art. 182 del codice), e di estenderlo anche a coloro i quali, non essendo in possesso dello specifico diploma di studi prima richiamato, disponevano comunque di un titolo di studio rilasciato da una scuola statale o regionale di durata di almeno due anni ed avevano svolto l’attività di restauro di beni, direttamente o in proprio ovvero in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell’intervento, con regolare esecuzione certificata dall’autorità preposta alla tutela del bene o della superficie decorata, per un periodo di tempo almeno doppio rispetto a quello scolare mancante, e comunque non inferiore a due anni (art. 7 comma 2 lett. a) del D.M. 420/01), ovvero a coloro i quali avessero svolto tale attività secondo i parametri già ricordati per almeno otto anni (art. 7 comma 2 lett. b) del DM. 420/01), ovvero a coloro i quali disponevano di un diploma rilasciato da una scuola di restauro statale o regionale di durata almeno biennale ed avevano svolto l’attività professionale (sempre secondo gli stessi parametri) per almeno quattro anni, sottoponendoli però all’accertamento dell’idoneità o al completamento del percorso formativo secondo modalità da determinarsi con decreto ministeriale (art. 7 comma 2 lett. c) del D.M. 420/01).

I suddetti requisiti di studio e di attività professionale dovevano sussistere alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale stesso, e cioè alla data del 16 dicembre 2001.

L’Amministrazione, quindi, nell’esercizio del proprio potere di scelta, ha tenuto conto dell’interesse primario alla tutela del patrimonio storico artistico, delimitando in modo rigido i requisiti per poter acquisire la qualifica sulla base del titolo di studio, ma ha tenuto conto altresì dell’esistenza di variegate situazioni di fatto e dell’esistenza di una pluralità di titoli di studio “minori” rispetto al diploma rilasciato dall’Istituto Centrale per il Restauro o dall’Opificio delle Pietre Dure, che però valutati unitamente all’esperienza sul campo, potevano integrare ugualmente i requisiti di professionalità necessaria per il rilascio della qualifica, attribuendo rilevanza anche alla sola esperienza, quando era perdurante nel tempo, tenuto conto della mancata tipizzazione normativa della qualifica e della mancata chiarezza - al momento dell’inizio dello svolgimento dell’attività professionale - della necessità del previo conseguimento del titolo di studio, essendo fatto notorio nel settore, la formazione di stuoli di restauratori - specie in periodi risalenti nel tempo - attraverso il solo svolgimento dell’attività professionale all’interno delle botteghe di restauro.

In sintesi, deve quindi rilevarsi che la data del 16 dicembre 2001, data di entrata in vigore del D.M. 420/01, segna lo spartiacque tra il regime di “deregulation” della qualifica, ed il momento nel quale per la prima volta viene fornita una definizione normativa della qualifica di restauratore di beni culturali, anche se specificatamente ai soli fini della partecipazione alle gare di appalto.

L’art. 29 del D.Lgs. 42/04 reca la disciplina a regime e stabilisce che “gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici sono eseguiti in via esclusiva da coloro che sono restauratori di beni culturali ai sensi della normativa in materia”(comma 6); la disciplina recata dall’art. 29 unitariamente ai D.M. applicativi (D.M. 86/09 attuativo del comma 7 del codice e D.M. 87/09 attuativo dei commi 8 e 9 del codice stesso), tenuto conto di quanto previsto dall’art. 29 comma 9 bis del codice in merito alla portata della norma stessa, statuiscono che a regime l’unico modo per poter ottenere la qualifica di restauratore è quello di conseguire un titolo di studio equivalente ad un diploma di laurea magistrale con 300 crediti formativi ed oltre 7.500 ore di insegnamento in un quinquennio.

Ne consegue che necessariamente il Legislatore, dovendo introdurre un regime transitorio per l’acquisizione della qualifica, si è dovuto ancorare a parametri rigidi, non potendo equiparare ad un titolo di studio di tale levatura, qual è quello richiesto nella disciplina a regime, un qualunque diploma in restauro di breve durata e di non provata qualità professionale.

La scelta del Legislatore, nel disciplinare l’acquisizione della qualifica in via transitoria, è stata quella di recepire sostanzialmente – con alcuni correttivi – l’impianto del D.M. 420/01, e dunque di prevedere l’acquisizione in via diretta del titolo soltanto per taluni soggetti, sottoponendo gli altri operatori del settore interessati all’acquisizione della qualifica al superamento di una prova di idoneità.

L’art. 182 comma 1 infatti, appare sostanzialmente riproduttivo del testo del D.M. 420/01 laddove stabilisce che:

“In via transitoria, agli effetti indicati all'articolo 29, comma 9- bis, acquisisce la qualifica di restauratore di beni culturali:

a) colui che consegua un diploma presso una scuola di restauro statale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 31 gennaio 2006;

b) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni ed abbia svolto, per un periodo di tempo almeno doppio rispetto a quello scolare mancante per raggiungere un quadriennio e comunque non inferiore a due anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;

c) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo di almeno otto anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368”.

Il comma 1 bis dell’art. 182 del codice consente invece l’acquisizione della qualifica in seguito al superamento della prova di idoneità, unitariamente al possesso di taluni titoli di studio o professionali indicati nelle lett. a), b), c), d) d-bis).

A questo proposito deve immediatamente rilevarsi la portata della novella contenuta nel D.L. 194/09 convertito in L. 25/10, che ha modificato il riferimento temporale concernente i periodi di svolgimento dell’attività necessaria ad integrare i requisiti utili all’acceso alla prova di idoneità per il conseguimento della qualifica (comma 1 bis) ed al conseguimento diretto della qualifica di collaboratore restauratore (comma 1 quinquies), termine non più ancorato alla data del 16 dicembre 2001, ma a quella del 31 luglio 2009, data di entrata in vigore della disciplina a regime.

Pertanto, allo stato, il termine per il possesso dei requisiti fissato alla data del 16 dicembre 2001, sussiste soltanto per il riconoscimento diretto della qualifica, finalità perseguita dai ricorrenti.

Sulla base di questo quadro normativo, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dovendo dare attuazione alla disposizione recata dall’art. 182 del codice, ha indetto il bando per la selezione pubblica diretta al conseguimento delle qualifiche professionali di restauratore di beni culturali (commi 1 e 1 bis del codice) e di collaboratore restauratore di beni culturali (comma 1 quinquies del codice) nella quale ha indicato i requisiti necessari per poter partecipare alla selezione al fine di conseguire la relativa qualificazione, riproducendo pedissequamente (non potendo fare altrimenti) le disposizioni recate dallo stesso art. 182 del codice.

L’Amministrazione, considerata la notevole complessità della procedura, ha deciso di predisporre un unico bando disciplinante l’accesso ad entrambe le qualifiche (restauratore e collaboratore restauratore) e ad entrambe le modalità di acquisizione della qualifica “maggiore” di restauratore, sia quella ope legis (ai sensi dell’art. 182 comma 1 lett. a), b) e c) del codice), sia quella condizionata al superamento della prova di idoneità (ai sensi del comma 1 bis dello stesso art. 182 del codice).

I ricorrenti hanno impugnato il bando di selezione (oltre al Regolamento n. 53/09 disciplinante lo svolgimento della prova di idoneità ed alla Circolare del Segretario Generale del Ministero contenente le Linee guida applicative della disciplina transitoria) che quanto ai requisiti per l’acquisizione della qualifica è meramente riproduttivo dell’art. 182 del codice, sostenendo con il primo motivo di gravame l’illegittimità derivata dal bando per illegittimità costituzionale dell’art. 182 comma 1, lett. c) e dell’art. 182, comma 1 bis, lett. d) bis del D.Lgs. n. 42/2004 nella parte in cui prevede che i requisiti ivi indicati, utili all’acquisizione della qualifica di restauratore di beni culturali, devono essere posseduti dagli interessati anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001 n. 420 per contrasto con gli artt. 3, 36, 41 e 97 Cost.

Preliminarmente occorre rilevare che la questione può presentare ancora interesse con riferimento alla sola acquisizione diretta del titolo, atteso che il comma 1 bis dell’art. 182 del codice è stato novellato e che per effetto del D.L. 194/09, convertito in L. 25/10, il termine già fissato al 16/12/01 è ormai slittato al 31 luglio 2009: ne consegue l’evidente sopravvenuta carenza di interesse alla censura con riferimento all’acquisizione della qualifica in seguito al superamento della prova idoneativa.

Prima di entrare nel merito della censura, ritiene il Collegio di doversi pronunciare sull’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione sollevata dalla difesa erariale, in considerazione della carenza dell’attualità e concretezza dell’interesse.

L’Avvocatura erariale ha infatti eccepito in memoria che fin quando non sarà terminata la selezione nulla cambierà nella posizione giuridica dei ricorrenti, concretizzandosi la lesione nella loro sfera giuridica soltanto nel caso di mancato inserimento negli elenchi, fatto questo che presuppone comunque il completamento dell’intero iter amministrativo.

Per quanto concerne gli aspetti relativi alla documentazione, ed in generale per ciò che concerne gli aspetti applicativi del bando, mancherebbe anche in questo caso l’attualità della lesione, essendovi in questa fase il mero disagio di dover trasmettere e sottoporre a valutazione la documentazione richiesta.

La questione della legittimazione e dell’interesse dei ricorrenti all’impugnazione immediata del bando di concorso merita il dovuto approfondimento, tenuto anche conto del tenore di talune censure proposte in giudizio, che non si limitano agli aspetti applicativi del bando, ma si appuntano soprattutto sul possesso dei requisiti di partecipazione.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza l’impugnazione del bando presuppone innanzitutto la previa presentazione della domanda di partecipazione non essendovi altrimenti la prova sulla differenziazione della posizione giuridica del soggetto agente (cfr., tra le tante, Cons. Stato Sez. V 9/11/09 n. 6971; Cons. Stato, V, 14 maggio 2010 n. 3017; 3 febbraio 2009, n. 594; T.A.R. Lazio Sez. II 5/1/10 n. 42); la giurisprudenza ha costantemente rilevato che l'impugnazione immediata delle clausole del bando è ammissibile solo in presenza di due inderogabili condizioni concorrenti: che l'interessato abbia presentato una rituale domanda di partecipazione alla gara e che le clausole contestate definiscano in modo puntuale i requisiti soggettivi e/o oggettivi di partecipazione, impedendo, in modo assoluto, la presenza di determinati soggetti.

Pertanto "le clausole dei bandi di concorso che prevedono requisiti soggettivi di partecipazione sono immediatamente lesive e devono essere impugnate immediatamente dai soggetti interessati, senza attendere l'adozione di appositi provvedimenti di esclusione del concorrente. Questa regola, tuttavia, presuppone che la disposizione del bando sia assolutamente chiara ed univoca nel suo contenuto precettivo e non richieda alcuna significativa attività interpretativa né dei destinatari del bando né degli organi dell'amministrazione che ne debbano fare applicazione." (Cons. Stato Sez. VI 20/1/09 n. 256; Consiglio Stato , sez. V, 07 novembre 2007, n. 5776; Consiglio Stato , sez. IV, 12 marzo 2007, n. 1218).

E’ stato quindi ritenuto, condivisibilmente, che l'onere di immediata impugnazione delle norme disciplinanti la partecipazione ad una procedura selettiva deve essere assolto con riguardo a quelle sole disposizioni concernenti i requisiti soggettivi di partecipazione e a quelle che integrano un'immediata preclusione alla partecipazione, ossia a clausole che ledano immediatamente e direttamente l'interesse sostanziale del soggetto che ha chiesto di partecipare alla procedura concorsuale. Ogni diversa questione inerente all'applicazione delle norme regolamentari generali, così come l'impugnazione di norme del bando che, pur potendo considerarsi immediatamente lesive non siano peraltro univocamente chiare e vincolanti, può e deve essere proposta unitamente agli atti che di esse fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione della sua situazione soggettiva (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 25 marzo 2010 , n. 94; T.A.R. Lazio Sez. III 2/2/10 n. 1376).

Nel caso di specie la trattazione della causa nel merito e la conseguente redazione della sentenza, è intervenuta quando non erano ancora scaduti i termini per la presentazione della domanda di partecipazione alla selezione prorogati al 30 giugno 2010; in questa situazione non vi è certezza in merito all’avvenuta presentazione della domanda, elemento questo ritenuto essenziale ai fini della legittimazione e dell’interesse all’impugnazione diretta del bando di concorso o di gara.

Nella fattispecie, però, pur in mancanza di detta prova, sono comunque presenti elementi tali da integrare i requisiti di legittimazione attiva e di interesse in capo ai ricorrenti: essi, infatti, svolgono l’attività di restauratori, e per tali soggetti la partecipazione alla selezione costituisce presupposto indefettibile per continuare a lavorare nel settore, considerato che la mancata partecipazione alla selezione comporta inevitabilmente l’impossibilità di continuare la svolgere la loro attività professionale.

Ne consegue che pur in mancanza della prova circa la previa domanda di partecipazione alla selezione, ritiene il Collegio che sussista la legittimazione e l’interesse al ricorso.

Sotto quest’ultimo aspetto occorre rilevare che - pur condividendo il Collegio le tesi dell’Avvocatura erariale in merito all’attualità dell’interesse con riferimento alle questioni applicative del bando - resta però indubitabile che nel caso di specie i ricorrenti lamentano soprattutto il mancato possesso di un requisito di partecipazione ai fini dell’acquisizione della qualifica ope legis, non disponendo del titolo di studio e soprattutto dell’esperienza lavorativa necessaria alla data del 16 dicembre 2001.

Sotto questo profilo sussiste l’immediata lesività del bando, in quanto i ricorrenti per suffragare il loro interesse hanno depositato in giudizio una serie di dichiarazioni nelle quali hanno precisato di disporre dei titoli per il conseguimento automatico della qualifica di restauratore ai sensi dunque dell’art. 182 comma 1 lett. b) e c) tenuto conto – però – non della data del 16/12/01 fissata nel bando, ma di quella assai più vicina del termine di scadenza per la presentazione della domanda di partecipazione alla selezione.

E’ del tutto evidente che la clausola del bando di concorso che ancora la possibilità del conseguimento automatico della qualifica alla data del 16/12/01, è direttamente lesiva della loro sfera giuridica e li abilita all’impugnazione immediata del bando di selezione.

Come già ricordato, però, questa previsione recata dal bando non è frutto della mera discrezionalità del Ministero dei Beni e le Attività Culturali, ma è meramente applicativa dell’art. 182 del codice, ed infatti i ricorrenti hanno eccepito l’illegittimità derivata del bando per illegittimità costituzionale della norma.

Ritengono i ricorrenti:

- che la previsione contenuta nella disposizione transitoria di ancorare il possesso dei requisiti alla data del 16 dicembre 2001 - ormai risalente nel tempo - sarebbe del tutto irrazionale ed in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., determinando una ingiustificata disparità di trattamento tra chi ha conseguito i requisiti utili all’acquisizione diretta del titolo in data antecedente al 16 dicembre 2001 e chi ha maturato gli stessi requisiti in data successiva, tenuto conto della disciplina del settore a regime è intervenuta soltanto nel 2009 e che lo stesso art. 182 è stato introdotto con D.Lgs. n. 156/06;

- che, quindi, vi sarebbe disparità di trattamento tra la posizione di chi ha maturato il requisito entro il 16/12/01 e chi, invece, lo ha maturato successivamente, tenuto conto che il Ministero ha impiegato 5 anni per introdurre la disciplina transitoria;

- che la norma si porrebbe in contrasto con l’art. 36 e con l’art. 41 Cost., in quanto i ricorrenti svolgono attività di restauratori come ditta individuale iscritta nel registro delle imprese o come lavoratori dipendenti e rischiano di non poter più continuare la propria attività lavorativa.

L’Avvocatura erariale ha innanzitutto rilevato l’inesistenza di aspettative tutelabili e l’inesistenza di diritti quesiti atteso che si tratta della prima disciplina delle qualifiche professionali del settore, attuativa del principio fondamentale dell’art. 9 Cost.

La tesi dell’Amministrazione è condivisibile.

Come già rilevato in precedenza, con l’art. 182 del codice si è provveduto per la prima volta a disciplinare le qualifiche professionali di restauratore e collaboratore restauratore, atteso che fino all’introduzione della disciplina normativa l’unico parametro esistente – anche se ai soli limitati fini della individuazione dei requisiti di qualificazione per la partecipazione alle gare di appalto - era rinvenibile negli artt. 7 e 8 del D.M. 294/00, modificato dal D.M. 420/01, le cui disposizioni sono state sostanzialmente recepite nell’art. 182 del codice.

Lo svolgimento in via di fatto o a seguito dell’attribuzione della qualifica OS2 non può costituire presupposto per rivendicare diritti quesiti, o lamentare la riduzione di possibilità lavorative, in quanto in mancanza di una disciplina normativa che identifica la qualifica in modo formale, non possono sussistere situazioni di diritto che comportano il mantenimento della qualifica stessa.

Occorre ricordare, infatti, che l’attribuzione della qualifica OS2 in base al D.M. 420/01 non comporta il riconoscimento della qualifica di restauratore ai fini professionali, come peraltro sottolineato anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza 13/1/04 n. 9, e quindi l’aver ottenuto affidamenti di lavori di restauro da parte delle Soprintendenze non può costituire presupposto tale da comportare l’attribuzione automatica della qualifica.

Gli operatori del settore non possono pretendere di ottenere automaticamente la qualifica di restauratore senza che vi sia l’assoluta certezza in merito alle loro capacità professionali, tenuto conto della rilevanza e della delicatezza dell’attività svolta, che potrebbe comportare – in caso di opere di inestimabile valore- danni irreversibili al patrimonio artistico nazionale; come puntualmente ricordato dalla difesa erariale, non potendo più l’Amministrazione scegliere il restauratore di fiducia, ciascun soggetto iscritto negli elenchi potrebbe essere chiamato a svolgere lavori di restauro anche su opere importantissime e deve dunque esserci la certezza sulla qualificazione professionale del soggetto agente.

Sicchè gli operatori del settore possono vantare il solo interesse a che vengano individuati i requisiti per l’accesso alla qualifica in modo ragionevole e non discriminatorio, dovendo la norma tutelare l’interesse primario alla salvaguardia del patrimonio storico artistico e non quello, anch’esso meritevole di tutela, ma comunque recessivo nel bilanciamento degli interessi, alla conservazione delle opportunità lavorative degli operatori.

E’ indubitabile che trattandosi di una disciplina transitoria che interviene dopo lunghi anni di “deregulation” e dopo un primo intervento di identificazione del concetto di restauratore anche se ai soli fini della qualificazione per la partecipazione alle gare di appalto, finisce con l’incidere sulle aspettative degli operatori del settore, alcuni dei quali – presumibilmente – potrebbero non disporre dei titoli sufficienti al conseguimento della qualifica.

Occorre dare atto, però, della volontà dell’Amministrazione di venire incontro a tutti gli operatori del settore, consentendo anche a quelli più giovani – penalizzati nel testo originario dell’art. 182 del codice che ancorava il possesso dei requisiti alla data del 16/12/01 ora spostata al luglio 2009 per effetto della L. 25/10 – di poter conseguire la qualifica di restauratore anche se subordinatamente al superamento della prova di idoneità.

Ritengono però i ricorrenti che la scelta del Legislatore di ancorare il possesso dei requisiti alla data di entrata in vigore del D.M. 420/01 ai fini del riconoscimento diretto della qualifica sarebbe del tutto ingiustificata e irragionevole, creando disparità di trattamento tra gli operatori del settore.

Occorre preliminarmente rilevare che tutte le discipline transitorie introducono uno spartiacque tra la vecchia e la nuova disciplina, ancorandolo ad una data precisa, e ciò comporta necessariamente l’esistenza di situazioni di vantaggio e di svantaggio derivanti dall’individuazione della data di discrimine.

Pertanto, perché è ineluttabile per l’attuazione di una normativa transitoria che regoli il passaggio tra un regime all’altro la previsione di una data alla quale fissare il possesso dei requisiti, occorre valutare se la data prescelta dal Legislatore nell’esercizio della propria discrezionalità sia illogica ed irragionevole.

La scelta del Legislatore è stata quella di tenere in considerazione la posizione di coloro i quali hanno intrapreso o continuato l’attività quando era in vigore il solo D.M. 294/00 modificato dal D.M. 420/01, e di recepire nelle novelle del codice del 2006 e 2008 l’avvenuta maturazione dei requisiti ad una certa data anteriore alla data di entrata in vigore della novella al fine di disincentivare lo svolgimento di fatto e contra legem, di ulteriori attività formative e lavorative nel futuro al fine di non aggravare la distanza tra le previsioni normative e la realtà di fatto.

Sicchè – considerata la delicatezza del riconoscimento diretto della qualifica di restauratore – il Legislatore ha ritenuto di recepire sostanzialmente nell’art. 182 comma 1 lett. b) e c) il contenuto del D.M. 294/00 modificato dal D.M. 420/01 e di limitare l’accesso alla qualifica senza prova idoneativa ai soli soggetti i quali disponevano dei requisiti per l’accesso alla qualifica già in base alla pregressa disciplina regolamentare, e ciò al fine di tutelare la loro posizione giuridica avendo iniziato l’attività di restauro quando non vi era alcun parametro normativo certo in merito ai presupposti per l’acquisto della qualifica; al momento dell’entrata in vigore del D.M. 420/01 era ormai chiaro che per poter accedere alla professione di restauratore occorreva una particolare qualificazione professionale derivante dal possesso di un titolo di studio e/o dallo svolgimento di un certo numero di anni di attività professionale, con la conseguenza che coloro i quali si sono affacciati alla professione successivamente al 2001 (o che hanno maturato i requisiti dopo quella data) non potevano non essere edotti della necessità del possesso di una particolare qualificazione per lo svolgimento dell’attività, e dunque non possono ragionevolmente rivendicare una legittima aspettativa al riconoscimento diretto della qualifica.

Costoro, peraltro, non sono stati esclusi dell’accesso alla professione in base alla disciplina transitoria, ma è stato loro richiesto soltanto di sottoporsi ad un esame idoneativo, come peraltro previsto dallo stesso D.M. 420/01.

Infine, non può non rilevarsi come la scelta di ancorare il possesso dei requisiti in data anteriore al 2006 non sia di per sé palesemente illogica, atteso che il Legislatore voleva evitare espressamente di attribuire tutela a situazioni di fatto, in contrasto con le previsioni normative, e che comunque i ricorrenti difettano di interesse a dedurre tale profilo di censura per irragionevolezza, atteso che hanno dichiarato di disporre dei requisiti per il riconoscimento diretto “alla data di scadenza dei termini per la presentazione della domanda” e quindi all’anno 2009, di tre anni posteriore a quello rivendicato.

Quanto, poi, alla sentenza del T.A.R. Lazio Sez. II n. 1844/04, è sufficiente rilevare che è stata riformata dal Consiglio di Stato Sez. VI con decisione n. 5114/09, nella quale il giudice di appello ha ritenuto immune da vizi di illogicità la previsione del termine contenuto nel D.M. 420/01 (ed ora riprodotto nell’art. 182 del codice) per il possesso dei requisiti che consentono di esercitare l’attività di restauratori senza il previo conseguimento dei titoli di studio oggi richiesti, ritenendo che era semmai illogico il sistema precedente che configurava un regime transitorio destinato a durare a tempo indeterminato, svuotando di contenuto il regime ordinario.

Né può ritenersi che il ritardo nell’attuazione della disciplina transitoria abbia arrecato nocumento ai ricorrenti, tenuto conto che ha consentito loro di svolgere liberamente l’attività anche in mancanza dei requisiti oggi richiesti dal bando di selezione.

Ritiene pertanto il Collegio che debba essere respinta sia la censura relativa alla violazione del principio di legalità in relazione al legittimo affidamento – contenuta nel quarto motivo di ricorso – sia la eccezione di illegittimità costituzionale – contenuta nel decimo motivo di ricorso – e che, conseguentemente, non sussistano i presupposti per la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale né per violazione degli artt. 3, 4 e 97 Cost. – non essendo la data prescelta palesemente illogica ed irragionevole – né per violazione dell’art. 41 Cost., tenuto conto che l’interesse al lavoro dei ricorrenti sia come singoli che come imprese deve essere bilanciato con l’interesse pubblico alla tutela dei beni culturali che trova il proprio fondamento nell’art. 9 della Cost.

Con una sesta censura, i ricorrenti deducono la illegittimità dell’art. 182, comma 1 quinquies del D.Lgs. n. 42/2004 sotto il profilo della violazione del disposto dell’art. 11 Cost. in relazione al mancato coinvolgimento delle Regioni nella regolamentazione della attività di “collaboratore restauratore”.

La censura è infondata.

Così come già statuito dalla Corte Costituzionale (sentenza 13 gennaio 2004, n. 9), infatti, le disposizioni normative richiamate nel ricorso non attengono alla generale qualifica di "collaboratore restauratore" e non disciplinano corsi di istruzione, requisiti di ammissione, reclutamento e status dei docenti. Alcun dubbio, dunque, in merito alla esclusiva competenza dello Stato nella disciplina in oggetto che concerne, infatti, non già la materia della istruzione e delle professioni quanto, piuttosto, la materia della tutela dei beni culturali e ambientali (art. 117, secondo comma, lett. s, Cost.) con relativa attribuzione allo Stato di potestà legislativa esclusiva e conseguente attribuzione di potestà regolamentare.

Con il settimo motivo di ricorso i ricorrenti deducono la illegittimità della previsione della circolare n. 35 del 12 agosto 2009 interpretativa del disposto dell’art. 182 D.Lgs. n. 42/2004 nella parte in cui riconosce la qualifica di restauratore al soggetto che ha rivestito per almeno otto anni la qualifica di direttore tecnico di imprese affidatarie di lavori di restauro a beni culturali per il solo fatto di avere rivestito tale qualifica ma senza nessuna verifica sullo svolgimento diretto della attività di restauro.

Rileva il Collegio la inammissibilità della censura oltre che la sua infondatezza.

Preliminarmente occorre rilevare, sotto il profilo dell’interesse dei ricorrenti al motivo di ricorso, come la disposizione in oggetto non limiti in alcun modo la possibilità degli stessi di ottenere la qualifica di restauratore o di collaboratore restauratore né sotto un profilo formale – non essendo il bando di concorso a numero chiuso – né sotto un profilo sostanziale – in considerazione della acquisizione della qualifica in virtù della sussistenza di presupposti normativi ovvero in relazione al superamento di una procedura concorsuale.

D’altra parte, quanto al merito della censura, occorre osservare come nell’ipotesi della qualifica di direttore tecnico, la rispondenza dei requisiti sostanziali alla qualifica rivestita appare sostanzialmente desumibile proprio dalla specifica formazione e dalla diretta responsabilità del soggetto incaricato così come richiesto dallo stesso disposto dell’art. 182 D.Lgs. n. 42/2004 che, infatti, richiede lo svolgimento, per un periodo di almeno otto anni, di attività di restauro dei beni “con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento”.

Per quanto riguarda le ulteriori censure, poi, deve rilevarsi la inammissibilità delle stesse per difetto di interesse attuale e concreto dei ricorrenti.

Al riguardo è opportuno richiamare i principi dell’Adunanza Plenaria n. 1/03 in merito all’impugnabilità immediata delle clausole del bando.

Secondo l’Adunanza Plenaria le clausole che richiedono adempimenti formali, quali la presentazione di documenti, devono essere impugnate insieme all'atto applicativo, atteso che possiedono un’astratta potenzialità lesiva, la cui rilevanza e concreta capacità di provocare una lesione attuale può essere valutata solo con l'atto applicativo.

Può sussistere, invece, un dovere di immediata impugnazione del bando con riferimento a clausole, in essi contenute, che impongano, ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara o della procedura concorsuale, e che comportino sostanzialmente l'impossibilità per l'interessato di accedere alla gara ed il conseguente arresto procedimentale.

Come correttamente rilevato dalla difesa erariale, tutte le questioni relative alla documentazione ed allo svolgimento delle prove potranno essere affrontate soltanto alla fine del procedimento, in sede di impugnazione dell’eventuale provvedimento di non ammissione derivante dalla mancanza della documentazione necessaria per l’accesso alla qualifica o alla prova idoneativa, trattandosi di questioni attinenti allo svolgimento della procedura e dunque non deducibili in sede di impugnazione del bando di selezione.

Ciò vale con riferimento a tutte le censure afferenti le modalità di presentazione della domanda (secondo, quinto e nono motivo di ricorso) oltre che la prova di idoneità (primo, terzo ed ottavo motivo di ricorso).

Rileva il Collegio, infatti, che gli odierni ricorrenti non hanno dedotto alcuna lesione immediata e diretta dalla applicazione del bando in oggetto né, peraltro, risulta effettuata alcuna valutazione negativa della posizione dei ricorrenti.

Risulta, infatti, che il termine per la presentazione delle domande è stato spostato alla data del 30 giugno 2010 e che il termine per il rilascio delle attestazioni sui requisiti di attività dichiarati nella domanda è stato spostato al 30 settembre 2010. Non v’è dubbio, quindi, che lo sviluppo della procedura potrà condurre ad una valutazione pienamente positiva della posizione dei ricorrenti che, del resto, hanno prospettato una significativa esperienza formativa e lavorativa.

Conseguentemente e per i motivi esposti il ricorso è in parte infondato ed in parte inammissibile.

Quanto alle spese di lite, sussistono comunque giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Seconda Quater - respinge in parte il ricorso e per la restante parte lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 11 maggio ed 8 giugno 2010 con l'intervento dei Magistrati:



Lucia Tosti, Presidente

Umberto Realfonzo, Consigliere

Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/07/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO


 
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mafalda50
view post Posted on 23/7/2010, 22:15     +1   -1




Ebbene si, il TAR ha respinto il ricorso dell CNA lombardia- credo- ed anche il ricorso del Comitato dei restauratori..PER ORA. Infatti dicono i giudici che il ricorso è infondato perchè non si ha danno da una selezione di cui non è giunta a scadenza la domanda. Non si ha danno ancora, ne discriminazione dalla possibile valutazione dei documenti richiesti, ancora di là da venire. Per ora, appunto.
Dice tante cose interessanti per la verità e le ripete con un bel taglia incolla giuridico anche nella seconda sentenza. Siccome molti altri ricorsi attendono, presumo che il taglia incolla si ripeterà. Le cose, secondo me più importanti, non sono però queste.. (è solo questione di tempo e di resistenza ), le cose più notevoli stanno nella dichiarazione che le SOA, pur qualificando l'impresa non qualificano il restauratore. Eccellente. Non so come la prenderanno le Società di qualificazione ma mi sembra chiaro che le ditte edili si possano scordare l'accesso all'elenco..Peccato che non sarà così, purtroppo, la realtà. E i tanti che si sono inventati tali, saranno qualificati con il lavoro dei loro sfruttati collaboratori acculturati. Dicono i giudice che neanche il fatto di aver avuto negli anni molteplici affidamenti e buoni esiti dalle soprintendenze qualifica il restauratore. peccato che quei lavori a bando pubblico o trattativa privata siano stati loro affidati proprio perchè erano restauratori. Peccato che quel buon esito firmato da funzionari e dirigenti dello stato, era direttamente corrispondente ai requisiti richiesti per l'accesso alle procedure d'affidamento ed ai requisiti di idoneità.. Mica sono giudice io, per carità, solo mi sembra strano come si abbattano ( temporaneamente e in poche frasi) due pilastri dell'attività d'impresa. Per noi interni basta leggere i profili per capire quale ruolo avremo nella disciplina.. mi fermo qui. E' quasi un anno ormai che scrivo su questo forum sui soliti argomenti. Battaglio e polemizzo. Mi arrabbio e cerco dialogo. In ogni caso azioni inutili. Il dialogo è nebbia che evanescente prima, che poi si trasforma in roccia di indifferenza. Agitarsi e polemizzare mi ha solo fruttato una piccola notorietà da club, di cui faccio a meno e una caterva di amici,di cui non potrei far senza. Tutto sommato un vantaggioso baratto. Per il resto, sentenze e ricorsi e profili, non mi deprimono. Le prime son provvisorie e, come accade spesso, emendabili, i secondi son faticosi e ripetibili, gli ultimi dimostrano quanto l'amm. ed anche il sindacato, poco conoscano la situazione in cui versiamo ed anzi siano i padri spesso, per l'ignoranza delle nostre misere realtà e per la protervia nel difendere rendite di posizione, del malessere che viviamo e vivremo nei prossimi anni. A Dio piacendo e Tremonti permettendo, fido in non troppo lontano riposo pensionistico. Per ora mi atterrò strettamente al profilo unico ( che perla di saggezza e cecità) e al fotoromanzo qualificatorio. Chi si accontenta gode dicono, E io mi contento qui, sul fiume..
Buone vacanze
Mafalda
 
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Libero Rossi
view post Posted on 24/7/2010, 09:34     +1   -1




...solo spero che in quel fiume non aspetti di veder passare il mio cadavere (io penso di morire in campagna e subito dopo bruciato oppure essere bollito vivo o come Giordano Bruno...).
Quanto al resto concordo con te e sulla scelleratezza della situazione createsi. Non ho condiviso la "manovra" semmai ho cercato di leggerla e interpretarla nel modo più vantaggioso per i restauratori...ma loro hanno intrapreso la strada della corporazione e dei giudici, quindi aspettiamo il loro responso. Da quanto ho cominciato a leggere, brutti ricorsi e brutte sentenze, vedremo il resto e sul da farsi (ahimé anche io d'ora in avanti, mi coinvolgerò...seppur da pensionando).
Quanto ai profili non sono d'accordo con te. Sei delusa? Padronissima. Io pur non essendo un beota sono soddisfatto dei risultati che HO ottenuto (in questa battaglia sono stato solo, come Cgil..e non me ne pento). Si poteva fare di più, certo se ci fossero state le corazzate. Non ci sono state: lo uillico ha aggeggiato una sua proposta (priva di logica) e l'ha inviata, salvo poi non difenderla (figurarsi se fosse in gardo di argomentarla...si mandano le cose solo per esserci e essere popolare, cfr. la lettera al Capo dello stato) anzi non ne ha mai parlato interessato come era al disegno generale e ai fighetti. La Cisl è stata col mio ragionare.
Pezzo per pezzo mi sono conquistato quel profilo, migliorandolo via via anche con qualche mano di Carbonara...fino all'ultima lettera con tutti i richiami legislativi e il cambiamento finale sulla direzione lavori. Quisquilie?
E vada, ma abbiamo dato una dignità che all'inizio non c'era. Tutto bene? assolutamente no. Abbiamo solo affermato che il restauratore è una figura con una propria autonomia (riconosciuta da legge, ma non dal Mibac!!), sfera d'azione e con gli strumenti propri ecc. e in un contesto dato delle forze contrarie in campo. Un buon compromesso che ci consente di vivere deinde filosofare.
Comunque debbo confessarti che in questi mesi di contestazioni al mio operato mi sono affezionato a te e alla tua "scienza", ho trepidato seguendo le tue delusioni e perciò ti prego di rimanere in zona. (per me la democrazia è critica e dissenso "costruttivo", niente a che fare con lo sberleffo gratuito e le flautolenze).

Come più volte ho ripetuto in questo godibilissimo (e faticosissimo) angolo, a me è affidato un compito di difendere il lavoro e i lavoratori tutti...spero sempre di avere pochissimi scontenti.
Sull'accordo molti ritroveranno motivi di scontentezza e spero pure di contentezza ecc. quello che è certo che ci siamo spesi , con onestà, per tutte le situazioni e per il Mibac....tenete conto anche del livello della dirigenza centrale (240.000,00 euro annuali!) e dei sindacalisti di questo ministero.

Edited by Libero Rossi - 27/7/2010, 08:39
 
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mafalda50
view post Posted on 25/7/2010, 16:33     +1   -1




non pensavo a te e poi non discuto mai sulle preferenze anche se preferisco per me l'assunzione al cielo, senza mortificanti passaggi alle pompe funebri... A parte gli scherzi, ti ringrazio delle tue parole.. mi sembra quasi di essere una mascotte del forum che forse, senza i miei uggiolii non sarebbe completo..
Ti prego però di non confondere la dovuta strategia sindacale con i ricorsi. Non sono azioni simili e caso mai si compenetrano nel risultato o, come è successo ora, cercano riparo ad un'azione sindacale blanda e poco illuminante, per alcuni e totalmente assente per altri. Vedi i ricorsi amministrativi mettono insieme richieste ed opinioni politiche contrastanti nel nome di un interesse comune, un'idea di giustizia scevra dai marchingegni dosatori della contrattazione sindacale. Questa è la verità ed inoltre non c'era scelta. Purtroppo noi interni non abbiamo fatto in tempo a partecipare. Ti assicuro, e ne sono profondamente convinta, che la risposta del Tar sarebbe stata assai diversa. Comunque, come ho detto prima, è fondamentalmente attendista e rimanda il problema. Ed il problema c'è sempre e troverà soluzione. Quale non lo so ma sono convinta che ci siano ancora possibilità..
Per quanto attiene i profili, che tu sia soddisfatto non mi meraviglia. il tuo pensiero era trasparente nei tuoi interventi. Difficile allontanarti da una convinzione maturata secondo la tua esperienza. Esperienza, se mi permetti, nata nell'urbe e nelle attività che li si svolgono. Lontana anni luce- anche se a te magari sembra d'essere informato- dalla periferia, dove organici striminziti, anziani e tisici per l'insoddisfazione, si affannano ogni giorno per avere quello che pensano di meritare, per dare quello che pensano di dovere.
La cosa che trovo più devastante dei profili da voi firmati e l'idea del profilo unico... E' di una assurdità che si rivelerà drammatica.
Davvero pensi che chi ha superato concorsi ed esami e si è guadagnato un ruolo gerarchico superiore sia disposto a farsi coordinare da chi questo non ha fatto ed è rimasto, come quel tale, ad aspettare che la mela gli cadesse in bocca? Avete fatto un ragionamento perverso. Avete detto" Bene, siamo pochi. Nel nostro esercito sono rimasti parecchi ufficiali di medio grado, qualche alto ufficiale e pochi soldati. Sai che c'è? I soldati tutti da una parte e fanno un pò di tutto, che non guasta. Gli ufficiali tutti dall'altra e fanno il generale ed il tenente, il caporale ed il sergente a turno. Dipenderà dalla volontà e dal piacere del comandante."..
Benissimo e per carità avrebbe un senso se tutti gli ufficiali prendessero il medesimo soldo, se non avessero fatto dure gavette alcuni ed altri sinecure della fortuna..ma così non è. Per mero esercizio speculativo prova a chiederti se tu, fortunato pensionando con liquidazione in unica rata, ti trovassi domani a dover essere coordinato dal collega di 1 o 2 gradi inferiore, entrato magari tramite scuola e senza concorso, oppure semplicemente quasi bocciato dalla riqualificazione. Cosa faresti? Ti darebbe una sensazione piena di benessere organizzativo? E immaginati ancora che so,C1 per esempio, che ti devi assumere le medesime responsabilità di chi si porta a casa 200 euretti più di te.. Magari a te ti fa imbestialire o magari trovi altre soddisfazioni, diciamo diverse. Provi ad unire i tuoi obiettivi personali a quelli dell'amm. e non è detto che siano coincidenti, come dimostra la triste cronaca di questi giorni.
Questo è un aspetto diciamo così, macroscopico. Tanta acutezza e capacità negoziale non l'hanno rilevato? O forse in fondo non è così importante il benessere organizzativo? Il riconoscimento di ciò che si è aquisito con sacrificio e studio?
Per quanto riguarda i restauratori ti racconto la mia esperienza personale. E' da vent'anni che progetto, cioè elaboro schede, relazioni, computi, doc. fotografica e grafica e da dieci anni almeno prezziari, capitolati d'appalto generali e speciali e mi è capitato anche i contratti. E poi, quando il lavoro è andato a gara ed è affidato mi cucco direzione operativa e contabilità tutta e in più, e perchè non manchi nulla, anche corrispondenze varie, notifiche allo sportello unico,ultimazioni e regolare esecuzione. Tutto questo senza che il precedente profilo lo prevedesse, fatto semplicemente perchè è un dovere e non è giusto che il bene o la ditta paghi i ritardi, le incomprensioni e le incopetenze disorganizzative pubbliche. Tutto questo senza mai venir nominata direttore lavori, mai compresa nella programmazione. Tutto questo, bada bene, svolgendo il resto del lavoro. Facendomi carico fisico ed organizzativo del settore anche perchè spesso non c'è personale e c'è ne sarà sempre meno. Il mio non è un caso straordinario. Dappertutto ci sono colleghi che si caricano questo ed anche di più, ma finamente ora è finita. Grazie a questo nuovo profilo, invece di vedermi riconosciuto il lavoro e l'impegno profuso in tanti anni, mi si chiarisce lo steccato. Ora mi toccano chiare e precise competenze: Scheda, computo, elaborati.. progetto preliminare ed esecutivo ma non da progettista, da collaboratore invece. In questo profilo niente più contabilità, ne sono felice. In questo profilo non debbo più nulla nemmeno alla passione. Un quarto di quel che faccio giornalmente è più che sufficiente a coprire le competenze richieste. Non debbo nulla in più. Grazie Libero. Tra disciplina e profili siete riusciti ad allegerire di molto il senso di dovere sociale e personale che ci lega al lavoro. Avete pesato con un minuscolo cucchiaino per ottenere una perfetta miscela che produrrà penso, e spero di sbagliare,la paralisi ed inanità d'azione che incombe nel nostro futuro. Non dei restauratori ma di tutti noi, infelici nonpensionabili a liquidazione rateizzata e sopratutto donne.
Comunque auguri di cuore e una stilla d'invidia.
Mafalda
 
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esmeralda 50 bis
view post Posted on 26/7/2010, 10:37     +1   -1




mafalda quanto hai ragione e penso che non serva che sia io a dartela compagna prima di tutto nell'esser donna (scusa compagna non si può più dire) ma penso che ci sia una piccola svista nel tuo ragionare : noi saremo quel che tu dici ma tutto il bello lo avranno le ditte private con il bollino (Diploma di scuola di alta formazione) perchè contro questo non c'è neanche un varco nel muro di gomma, ti basti pensare che nella nostra riqualificazione, alla faccia del bando, vale 40 punti come una laurea magistrale.un abbraccio da chi frigge sulla padella
 
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mafalda50
view post Posted on 26/7/2010, 16:15     +1   -1




Carissima compagna, appartengo ad una generazione il cui questo appellativo aveva un senso e penso che ancora lo abbia. Soprattutto fra donne. Perchè siamo compagne, indipendentemente dagli ideali politici, nel cammino, in una lunga strada piena di ostacoli ed avvilimenti. Alcune di noi possono anche decidere che l'arroganza e la sopraffazione siano un'arma valida verso gli altri. O ancora che sia maggiormente valida contro altre donne.. in fondo è proprio quel che fanno le care ari icr... Per quanto riguarda le ditte ed i loro vantaggi, non c'è storia. Anche quel minimo risparmio pubblico che noi costituiamo, lo vogliono sul mercato. La nostra è una privatizzazione all'italiana... ciò che produce reddito e ritorno al privato, ciò che è servizio pubblico e passivo allo Stato. La collettività, quella che paga, composta da una marea di pubblici e privati dipendenti costituisce il salvadanaio da cui attingere e il piatto in cui sputare alla bisogna. Per la laurea non mi stupisce..se è parificata ( ma ne siamo proprio sicuri?) vale come quella delle Accademie... e poi il bando dice che loro sono ope legis a prescindere e dà per scontata la chiusura delle procedure sulla base di quanto scritto. Sarebbe divertente se la disciplina fosse sospesa... quanti di voi allora potrebbero ricorrere per l'attiubuzione di un punteggio erroneo? Guarda che era così però anche per l'area C anche se questa perversa storia era ancora in gestazione.... Molto più ingiusto ho considerato invece il punteggio autoattribuito, sulla base di incarichi mai portati a compimento.. Altri ancora per potere accedere ad un qualunque altro profilo da funzionario, tramite buoni uffici dei soliti potenti, hanno costruito titoli nell'anno a ridosso della domanda, ben informati è ovvio... Ormai è andata e cosa fatta capo ha... anche per voi sarà così. Pensa invece a quella marea di ri- esclusi dell'area B che il loro lavoro l'hanno fatto ed hanno fatto anche di più. Che magari si sono sempre occupati del settore che hanno richiesto e magari sono gli unici che possiedono quella professionalità. Schiaffeggiati ed esclusi per sempre dai giochi, senza dargli nemmeno la possibilità di gareggiare con gli altri...
La padella di cui parli ti cuoce a fuoco lento come area B e come restauratore ed in ogni caso con i profili.. Bel fritto misto, impanato nell'umiliazione, ci hanno preparato... ma l'unica cosa però che mi fa soffrire e molto è la spruzzata di limone dei sindacati...
Un abbraccio
Mafalda
 
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esmeralda 50 bis
view post Posted on 27/7/2010, 13:52     +1   -1




hai ben descritto il mio friggere e anche la marea dei nostri preziosissimi colleghi che , io spero e auguro di no, sembrano esclusi dagli esami,i sindacati sono io lo dico da tanto obbligati a servire il padrone dal momento che il pagamento della tessera avviene con un prelievo dalla busta paga elargita dal padrone e questo la dice lunga.
 
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mafalda50
view post Posted on 28/7/2010, 17:24     +1   -1





profili e firme "singole o accompagnate"
SCUSATE MA NON RESISTO...

ora avanti con gli altri atti. Gli uillici sono stati contrari, more solito, tanto ci sono i soliti che firmano! Responsabilmente per andare ad inquadrare il personale abbiamo firmato.

chissà che direbbe la FIOM di Pomigliano....
Mafalda
 
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7 replies since 19/7/2010, 13:25   1949 views
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