| ( La Padania ) La finta di Renzi: «Sto con la Francia», poi s'inchina a Berlino
Parigi sfida l'Europa del rigore infrangendo il vincolo del 3% per tre anni consecutivi. Ma il Governo italiano, invece di fare asse, assicura alla Merkel che noi rispetteremo i trattati. Illazioni? No, la garanzia di obbedienza all'austerità sarà scritta anche nel Def dove verranno inseriti aumenti automatici dell'Iva se sforeremo il pareggio di bilancio
Alessandro Montanari giovedì 2 ottobre 2014 18:37
Potrebbe finalmente rompere la gabbia dell'euro e dei vincoli europei e invece Matteo Renzi che fa? Si schiera sostanzialmente dalla parte del carceriere tedesco. Anche se tutti i giornali scriveranno il contrario, infatti, è questo il senso delle parole di finta solidarietà ai francesi formulate in Inghilterra dal nostro premier, non certo l'opposto. Per rendersene conto basta pesarle con la dovuta attenzione e, soprattutto, rapportarle ai fatti, cioé ai Def. L'antefatto, ovviamente, è la scelta di rottura del governo Hollande che nel Documento di Economia e Finanza fissa al 4,4% il rapporto deficit/Pil per il 2014, stabilendo che resterà ampiamente sopra il parametro del 3% anche nel 2016 (4,3%) e nel 2017 (3,8%). E tutto questo non per incapacità di rientrare nei parametri con nuove tasse, dismissioni di massa o privatizzazioni selvagge, ma per scelta politica. Meglio: per una scelta politica esplicitata nera su bianco nella lettera di accompagnamento al Def laddove si legge che «nessun ulteriore sforzo sarà richiesto alla Francia perché il governo respinge l'austerità». Parigi quindi sfida apertamente l'Europa del rigore e la Merkel infatti, perfettamente consapevole della posta in palio, reagisce con piglio eccitato dalla lesa maestà affermando che «la crisi non è alle nostre spalle» e che «i Paesi devono fare i loro compiti per il loro benessere». Berlino, dunque, cerca subito di normalizzare i ribelli francesi ed ecco materializzarsi per l'Italia l'occasione storica e irripetibile di liberarsi dalle proprie catene. Saldare Parigi e Roma sulla stessa posizione di "prendere o lasciare" con Berlino, infatti, porrebbe l'Europa del rigore con le spalle al muro dal momento che insistere con l'austerità, a quel punto, vorrebbe dire esporsi alla prospettiva dell'esplosione dell'euro e al ritorno alle sovranità monetarie dei singoli stati. Incredibilmente, però, Renzi sceglie un'altra strada. «Rispetto la decisione di un Paese libero e amico come la Francia - spiega dalla trasferta inglese - Se la Francia ha deciso così avrà i propri motivi e io sto dalla parte di Francois Hollande e Manuel Valls. Nessuno deve trattare gli altri Paesi come si trattano degli studenti». Poi, però, lo "studente" italiano, invece di montare in piedi sul banco, si mette in punizione da solo. «L'Italia - si premura infatti di aggiungere il finto ribelle Renzi - rispetterà il vincolo del 3%». La scelta, insomma, non è quella di cacciare la Merkel dalla classe, ma di cercare di accreditarsi come il nuovo cocco della maestra. Illazioni? Interpretazioni? No, una strategia precisa e, proprio come nel caso dei francesi, scritta nero su bianco nel Def. Come rivelato dal Corriere della Sera, infatti, nei documenti preliminari consegnati a Bruxelles, l'Italia si impegnerebbe a inserire nel Documento di Economia e Finanza - in cambio del miserabile allungamento del guinzaglio che è il rinvio del pareggio di bilancio al 2017 - aumenti automatici dell'Iva e delle imposte indirette pari a 12,4 miliardi nel 2016, a 17,8 miliardi nel 2017 e addirittura a 21,4 nel 2018. Mentre il governo francese, incalzato da Marine Le Pen, prova a rompere la gabbia, il Governo italiano, di nascosto, fa quindi l'esatto contrario disseminando i documenti che contano di tutti quegli accorgimenti meccanici e impersonali di cui gli euroburocrati sono maestri e che Mario Draghi, con illuminante espressione, riassunse nell'immagine del «pilota automatico».
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