Ministro Franceschini: “Restituiamo l’arena al Colosseo”.

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Libero Rossi
view post Posted on 3/11/2014, 12:09     +1   -1




Ministro Franceschini: “Restituiamo l’arena al Colosseo”.



Franceschini propone su Twitter l’idea di restituire al Colosseo la sua arena. Un’iniziativa scaturita dalle ricerchedell'archeologo Manacorda, professore di Metodologia e tecnica della ricerca archeologica all'Università di Roma Tre pubblicate sulla rivista Archeo del mese di luglio.Riportiamo i principali passaggi del recente articolo del prof. Manacorda citato questa mattina dal ministro Franceschini in diversi tweet. “Le belle foto aeree che ritraggono il Colosseo dall'alto ci mostrano non la vasta e candida arena, che un tempo ospitava i giochi e gli spettacoli o, in età più recente, processioni religiose e manifestazioni pubbliche, ma un intrico inquietante di muri scoperchiati al sole, un labirinto tanto incomprensibile quanto inaccessibile. Agli occhi del turismo culturale internazionale questo nostro celeberrimo monumento è diventato l'icona di Roma e, per certi versi, della stessa Italia. Insomma, è un po' il nostro biglietto da visita. La brava archeologa che dirige da anni questo complesso archeologico, Rossella Rea, ha dedicato ampi studi alla sua storia, alle vicende che lo trasformarono nel corso dei secoli da anfiteatro a rudere, a fortezza, a cava di pietre,a luogo della pietà religiosa e del mistero notturno, a soggetto di mille vedute artistiche, a non-luogo del turismo di massa. Non ripercorremo qui quelle vicende, ma rifletteremo piuttosto sul fatto che le vecchievedute ottocentesche ritraggono ancora il Colosseo con la sua bella arena viva perché calpestabile, e quindi privatamente o pubblicamente usabile e usata. Già. Ma per definizione un sotterraneo è qualcosa che sta "sotto terra" ; è nato, è stato creato per stare sotto terra: è questa la sua condizione esistenziale. Perché i sotterranei del Colosseo stanno a pancia all'aria sotto il sole e non sono tornati là dove dovevano stare? O meglio: perché non è tornata su di loro quella coltre necessaria e antica dell'arena, appunto,che oltre a dar loro la dovuta protezione, gli avrebbe dato anche quel che adesso gli manca, cioè un senso? È esistita, ed esiste tuttora - noi archeologi dobbiamo confessarlo per primi - un'archeologia necrofila, un modo di concepire e praticare l'intervento sui monumenti e le stratificazioni antiche come un'insana esposizione delle cose morte. Intendiamoci: l'anatomia dei cadaveri ha dato vita alla scienza moderna, aprendosi la strada tra divieti religiosi e tabù ancestrali, e anche l'archeologia praticando l'anatomia del terreno, vive frugando nelle viscere delle case rotte, scartate,non più funzionanti. Ma analizzare scientificamente un monumento e trarne tutte le informazioni storiche che ne derivano non ha nulla a che vedere con l'ostentazione della sua morte. Fatta l'autopsia, il medico legale ricuce il cadavere. Scavato un monumento, l'archeologia dovrebbe generalmente riseppellirlo, specie se manca un progetto valido di valorizzazione. E se quel monumento è sempre stato lì? Se - come nel caso del Colosseo - quell'ammasso di pietre, prima di diventare ai nostri occhi un monumento, era stato una rovina, una di quelle grandi rovine che hanno dato senso e fascino alla storia millenaria di Roma? E’ possibile indagare con lo scavo un monumento-rovina? Certo che è possibile. Ma le rovine richiedono qualcosa di più di quello che pretende un simile edificio sepolto: la loro storia è ininterrotta nei secoli, hanno vissuto e agito prima di noi è continueranno a farlo dopo; non le abbiamo resuscitate noi: già erano lì. Noi le abbiamo indagate e loro, accettando questa nostra legittima pulsione, pretendono da noi qualcosa in cambio: il rispetto. Al Colosseo, nel secolo appena trascorso, qualcuno ha ritenuto di dover togliere la sua arena,cioè il suo vestito, magari un po' lacero, che gli consentiva per&orae; di mostrarsi al mondo con dignità. Io vorrei che noi rivestissimo questo Grande Ignudo della sua veste più intima, gli restituissimo la possibilità di parlarci a viso aperto, non come chi sta imbarazzato davanti al pubblico con entrambe le mani sul ventre, quasi a chiedere scusa di una colpa non sua. Rifare l'arena quali problemi comporta? Francamente non ne vedo: restituire ai sotterranei la loro "sotterraneità" significa, semmai, offrire la possibilità di visitarli addentrandosi in un labirinto, questa volta però sensato, perché percorribile così come lo era quando faceva parte di un meccanismo funzionante, che funzionava perché era "al di sotto", sottratto agli sguardi, ma non alle persone che vi agivano. Ridando vita ai sotterranei si restituisce anche vita all'arena, al senso stesso di ogni anfiteatro di ieri, di oggi è di domani,cioè di un luogo in cui - lo dice la parola stessa - dall'intorno si osserva quel che accade al centro. E che cosa può mai accadere in un luogo che non c'è? La distruzione dell'arena ha trasformato il Colosseo in un luogo surreale. La sua restituzione domani gli permetterebbe di tornare ad essere, carico di anni, un luogo che accoglie non il semplice rito banalizzante della visita del turismo massificato, ma un luogo che, nella sua cornice unica al mondo, ospita -nelle forme tecnicamente compatibili- ogni possibile evento della vita contemporanea".
 
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shadow600
view post Posted on 3/11/2014, 16:05     +1   -1




 
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Libero Rossi
view post Posted on 4/11/2014, 08:08     +1   -1




Il ministro Franceschini: ripristinare l'arena del Colosseo. La posizione di Giuliano Volpe.
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Con un tweet il ministro Dario Franceschini ha lanciato una proposta che potrebbe apparire, a prima vista, provocatoria e sconvolgente, ma che in realtà è saggia, coraggiosa e innovativa al tempo stesso: ripristinare l’arena del Colosseo. Fatta dal ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, la proposta assume un peso enorme. Una proposta che si contrappone a un certo feticismo diffuso che impedisce di rendere i monumenti e i siti comprensibili ai visitatori. Il ministro riprende una idea e una proposta di Daniele Manacorda. Sul numero di luglio di Archeo, nella sua rubrica Il mestiere dell’archeologo, Manacorda ha pubblicato un bell’articolo dal titolo Anfiteatri e campi di golf (Archeo, n. 353, 2014, pp. 94-96), nel quale, prendendo le mosse da una pubblicità del turismo in Tunisia presente in questi mesi su vari giornali, raffigurante l’interno dell’anfiteatro di El Jem virtualmente utilizzato come campo da golf, lancia appunto questa idea solo apparentemente provocatoria: ricostruire l’arena del Colosseo. Il monumento simbolo di Roma e dell’Italia, visitato annualmente da oltre 5 milioni di persone, è privo, infatti, di un elemento fondamentale per la comprensione delle sue funzioni: l’arena appunto. Mentre, al suo posto, sono visibili gli ambienti sotterranei, una serie intricata di muri e vani incomprensibili. Solo una porzione dell’arena è stata ripristinata con un tavolato ligneo. È come se uno dei nostri campi di calcio, destinato a diventare un futuro sito archeologico, fosse privo del suo prato verde e delle porte: sarebbe difficile spiegare ad un ipotetico visitatore del futuro che sul quel prato due squadre di undici giocatori in pantaloncini si passavano abilmente una palla cercando di infilarla nelle rete avversaria, mentre un pubblico tifava la propria squadra con urla e cori. Chi, come me, ha provato l’emozione di visitare il Camp Nou di Barcellona, o analoghi stadi di altre città, sa bene cosa intendo. Manacorda ricorda, opportunamente, che l’arena era ancora presente ancora nel secolo scorso (e mostra una bella immagine di un olio di Ippolito Califfi (L’interno del Colosseo, 1857 circa) nella quale l’arena è al suo posto, con una croce al centro, come in una coeva fotografia Alinari. Sono stati gli scavi archeologici successivi a eliminarla. Perché non è mai stata ripristinata? Un pò per feticismo, un pò per quella diffusa assenza di coraggio interpretativo che porta molti archeologi a non realizzare ricostruzioni, restauri integrativi, anastilosi. Manacorda utilizza l’efficace espressione di ‘archeologia necrofila’, che porta a privilegiare «un’insana esposizione delle cose morte». E dunque propone di ripristinare l’arena, riportando gli ambienti sotterranei alla loro originaria condizione ipogeica, rendendoli magari accessibili ai visitatori, per poter capire il senso di quei luoghi bui, illuminati da lucerne, destinati alle belve, ai gladiatori, alle infermerie per i feriti, agli operatori impegnati nelle varie attività sceniche. E spinge la sua proposta ancor più in là: utilizzare l’arena, non certamente per partite di golf, ma, perché no, per «un incontro di judo o – se preferite – di lotta greco-romana, o forse con un coro di bambini, o forse con una recita di poesie, o con un volo di aquiloni…», o anche solo per camminarci e provare la sensazione che viveva un gladiatore circa duemila anni fa in quello spazio immenso. Come non essere d’accordo? Le possibili utilizzazioni compatibili e rispettose del monumento potrebbero essere tante. Si pensi allo straordinario successo dello splendido, ineccepibile scientificamente e culturalmente, coinvolgente e emozionante spettacolo di luci e proiezioni, allestitel Foro di Augusto da Piero Angela e Paco Lanciano: perché non pensare a proiezioni direttamente sull’arena e su parte dell’elevato, ricostruttive del monumento, delle attività che vi si svolgevano, e anche della sua storia successiva, fatta di abbandoni, riusi come fortezza, recupero di pietre e materiali vari destinati ad altre costruzioni, fino ai giorni nostri. Spero che si apra un dibattito laico e propositivo, a partire dalla proposta di Manacorda. La scommessa del Colosseo e di tutta l’area archeologica centrale di Roma (ma in generale di tutti i siti archeologici) si gioca sul piano della comunicazione, della trasformazione di luoghi morti in luoghi vivi, della riappropriazione consapevole del patrimonio culturale da parte dei cittadini e dei visitatori. La proposta, ovviamente da valutare attentamente nella sua auspicabile attuazione, è ispirata da una reale voglia di cambiamento e da coraggio. Il ministro Franceschini dimostra anche in questo delle importanti aperture. Ora c’è da sperare che la sfida venga raccolta dalla Soprintendenza archeologica di Roma, dalla comunità archeologica e, ingenerale dal mondo dei beni culturali, ma anche e soprattutto dall’opinione pubblica e dalla società italiana.
 
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2 replies since 3/11/2014, 12:09   217 views
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