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| Indire un referendum per dare l’ultima parola al popolo Greco è stata la conseguenza logica e democratica della miopia e della incapacità dei tecnocrati della UE, abituati a ragionare soltanto coi numeri. I greci dovranno decidere se “prendere o lasciare” le condizioni imposte dai creditori-strozzini di Bruxelles, che si chiamano Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale. La vera portata di questo referendum del prossimo 5 luglio andrà oltre la scelta di accettare o meno le condizioni capestro imposte dai creditori internazionali e si tratterà di decidere, per la prima volta nella storia della UE, se una nazione debba rimanere o no nell’area euro e nella Unione stessa. Se fossi un cittadino greco e dopo aver letto le deduzioni di un premio Nobel come Paul Krugman, io voterei “NO” al referendum, come suggerisce di votare il governo greco, perché un “SI” potrà essere una grande sconfitta per Alexis Tsipras costretto a dimettersi. Non riesco a vedere come l’amministrazione greca, notoriamente inefficiente, potrà organizzare in pochi giorni questa consultazione popolare e non riesco neanche a capire come sarà possibile pagare i fornitori e l’organizzazione in tutte le scuole del paese, ora che le casse pubbliche sono letteralmente vuote. Al di là del costo, però, c'è il problema che questo sondaggio non ha un obiettivo reale, perché la proposta di salvataggio offerto dalla Troika è ancora inesistente è surreale. In realtà, il referendum serve per definire una volta per tutte la posizione della Grecia in Europa, il cui esito negativo potrà “contagiare” successivamente altri membri della UE, come l’Italia, la Finlandia, la Spagna e il Portogallo. E’ ovvio che in questi giorni prima del referendum gli elettori greci si sentano spaventati, disperati ed arrabbiati, come è dimostrato dall’ondata di assalti agli sportelli dei bancomat: è la ricetta del disastro, dell’abisso finanziario per un popolo che ha perduto tutto, tranne la fierezza. La storia insegna che per risalire la china bisogna toccare il fondo della disperazione ed il popolo ora non ha più nulla da perdere. Se posso azzardare una previsione e conoscendo il carattere fiero di qualche greco con il quale sono in contatto, dai tempi dell’università, prevedo che il 5 luglio gli ateniesi preferiranno mangiarsi pane cipolla per un po’ di tempo, piuttosto che continuare a lasciarsi umiliare da quei banditi in giacca e cravatta a Bruxelles, che sono capaci di seminare soltanto disoccupazione e miseria. Aristides mi ha scritto da Larissa che “la Lagarde, Junker e la Merkel sanno già dove metterselo, il loro Euro” e che “la Grecia non morirà mai perché ha tanto da offrire”. Io ci credo, anche perché fuori da Atene non c’è un solo fazzoletto di terra incolta, mentre la più numerosa flotta di pescherecci in Europa provvede a sfamare la popolazione con le delizie pescate nell’Egeo. Fuori da Atene, la gente si scambia beni e servizi con il baratto ed i mercati sono pieni di derrate alimentari di primissima qualità: non esiste la fame per nessuno. La Grecia sopravviverà certamente all'annientamento progettato dai cialtroni di Bruxelles, preoccupati soltanto di salvare l’immagine di se stessi e della “irreversibilità” di una patacca monetaria chiamata “Euro”.
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