Nei musei italiani crescono i visitatori ma non i servizi digitali.

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Libero Rossi
view post Posted on 7/2/2017, 07:20     +1   -1




Nei musei italiani crescono i visitatori ma non i servizi digitali.

Samuele Sassu
Se visitatori e servizi digitali dei musei andassero di pari passo, l’Italia avrebbe probabilmente l’offerta di servizi 2.0 più avanzata al mondo. A testimoniarlo è la recente indagine del Politecnico di Milano, pubblicata su Osservatori.net e riproposta dal Sole24Ore. Il 2016 è stato, infatti, l’anno del boom per i musei italiani, che hanno accolto oltre 44,5 milioni di visitatori. Stabilito il nuovo record e confermato il trend positivo degli ultimi tre anni, con l’aumento di 6 milioni di biglietti venduti e una crescita di 45 milioni di euro degli incassi.
L’indagine, svolta su un campione di 476 musei italiani (circa il 10% di quelli aperti al pubblico nel 2015), evidenzia che il 52% di essi è social, ma c’è un netto ritardo, rispetto all’estero, dei servizi digitali per la fruizione delle opere. I dati Istat sono chiari: l’offerta è inferiore al 20% per l’online, come per esempio i cataloghi fruibili sul sito web e le visite virtuali. Ancora più ridotta quella onsite, relativa all’utilizzo di QR-Code e sistemi di prossimità. Secondo la classifica Istat, i servizi digitali più utilizzati sono dedicati alla comunicazione: più della metà dei musei utilizza il sito web; successivamente, vengono sfruttati i social network; in terza posizione, la newsletter, con il 25%. Tuttavia, non tutti i musei utilizzano il proprio sito web al massimo delle potenzialità: spesso, interfaccia e struttura non vengono incontro alle esigenze degli utenti. Call to action rispetto alla biglietteria online si riscontrano solo nel 21% dei casi. Va meglio per quelle riferite all’accesso ai profili social, con il 51%. Di poco superiore la disponibilità delle traduzioni in lingue straniere, circa il 54%. Per merchandising online e piattaforme per donazioni, 6%, e crowdfunding, 1%, il dato parla da sé.
Lato social, oltre la metà dei musei possiede un account: prevale Facebook, con il 51%, seguito da Twitter e Instagram, rispettivamente con il 31% e il 15%. Soltanto il 13% di essi è presente su tutti e tre i social network. Su Facebook, inoltre, è presente con la propria pagina una minima parte, 10%, di quei musei sprovvisti di sito web. Nella stragrande maggioranza dei casi, i messaggi postati dalle rispettive pagine è di natura promozionale: vengono lanciati eventi, comunicati orari di apertura e particolari promozioni sui biglietti d’ingresso. Sempre in ambito social network, dall’indagine risulta che i tre musei con il maggior numero di fan su Facebook sono i Musei Vaticani, seguiti dalla Reggia de La Venaria Reale e dal MAXXI. Su Twitter, è il profilo dei Musei In Comune di Roma ad avere il maggior numero di follower. Sul podio anche qui il MAXXI, seguito dal Museo del Novecento di Milano. La Peggy Guggenheim Collection di Venezia è la più seguita su Instagram e precede il Triennale Design Museum di Milano e MAXXI di Roma.
Dallo studio emerge anche la presenza del 62% dei musei studiati su TripAdvisor. Michela Arnaboldi, direttore scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali, commenta: “Le istituzioni culturali si trovano oggi di fronte a una doppia sfida: non basta attrarre visitatori, ma occorre trovare il modo per comunicare il proprio patrimonio in un modo nuovo, che lo renda più prossimo alle esigenze di conoscenza ed esperienza di cittadini e turisti”. Sottolinea come emerga un certo fermento, da parte delle istituzioni culturali, circa l’intenzione di sfruttare l’innovazione per superare le criticità e migliorare innanzitutto le risorse umane, così come le loro competenze.
Servono dunque figure nuove, ibride, che diventino interpreti digitali del patrimonio. In secondo luogo, vno trovati nuovi modelli di business adatti a rendere economicamente sostenibili i progetti innovativi. Infine, Arnaboldi cita il territorio e la necessità che le organizzazioni culturali rivitalizzino aree dimenticate, o diventino luogo di confronto per i cittadini. Il messaggio lanciato dall’indagine è chiaro: in tema di beni culturali e opportunità digitali c’è ancora tanto da fare. Non è più sufficiente basarsi unicamente sui biglietti staccati e i visitatori. Alla base della fruizione culturale si fa sempre più netta la necessità di interazione dell’appassionato, così come del semplice visitatore. Un’interazione garantita dal continuo sviluppo del digitale che permette una più diretta relazione tra il museo e l’utente: ecco perché investire in tale ambito dovrebbe essere la prima strategia di marketing da mettere in pratica per qualsiasi genere di sito culturale.
 
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