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I funzionari ombra del Mibact tornano a farsi sentire
Di Laura Gigliotti
Sono trascorsi quasi due anni, era il 18 giugno, da quando i “funzionari ombra”, come vengono chiamati, si sono riuniti in un’assemblea a Roma nella sala conferenze di Palazzo Massimo per fare il punto sulla loro situazione e rivendicare il diritto di svolgere mansioni di funzionario a tutti gli effetti. Ora il discorso si è riaperto grazie alla ristabilita facoltà di assumere da parte delle amministrazioni statali, ma il Ministero non avrebbe previsto alcunché per lo scorrimento delle graduatorie di passaggi d’area. Che cosa è cambiato da allora? Ben poco, rispondono. Ma è cresciuta la loro delusione per il passare del tempo senza alcun riconoscimento, al limite della rabbia e della rivolta, la loro insoddisfazione per il trattamento ricevuto da parte dell’amministrazione. Allora furono invitati i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl, Uil, Cisal, Unsa e Ugl, questa volta sono stati i sindacati confederali da soli (non hanno voluto gli altri, si dice), a indire l’assemblea che si è tenuta nella sala del Collegio Romano, intitolata a Spadolini e dominata dal piglio regale di Vittorio Emanuele II. Al di sotto uno striscione spiegazzato richiama tutti al rispetto dell’articolo 9 della Costituzione e ai “Passaggi d’area subito”. La sala che può ospitare un centinaio di persone è piena di gente, la maggior parte di Roma, ma ci sono alcuni che vengono da Pompei, Firenze, Ravenna. Ad aprirla in un clima di vivace partecipazione è stato Claudio Meloni della Cgil, seguito dai rappresentanti della Cisl Claudio Calcara e della Uil Enzo Feliciani e via via da molti dei presenti in sala. Una vicenda lunga, ingarbugliata, un tira e molla che ha per protagonisti dei professionisti che si sentono sottovalutati, dimenticati dall’amministrazione a cui appartengono. La storia, che si trascina da anni, è riassunta in un documento del “Comitato dei funzionari ombra”. Una questione complessa che ha inizio nel 2007 con un bando di concorso volto a riqualificare il personale interno. 920 posti di funzionario per dieci differenti profili professionali: storici dell’arte, archeologici, archivisti, restauratori, informatici... 920 le richieste al Ministero della funzione pubblica ma vengono autorizzati solo il 50% dei posti totali. Nel 2012 sono approvate le graduatorie e nominati i vincitori, in tutto 460, tutti gli altri risultano idonei. In una circolare si stabilisce che tali graduatorie sarebbero rimaste valide sino all’emanazione di nuovi bandi, quindi l’inquadramento degli idonei a seguito di rinunce, pensionamenti o dimissioni del personale risultato vincitore. Da allora gli interessati chiedono lo scorrimento delle graduatorie interne e quindi il riconoscimento a tutti gli effetti della loro professionalità, senza attingere per le coperture dei posti vacanti in organico solo alle graduatorie di concorsi esterni. Fin qui il riassunto delle puntate precedenti. Naturalmente in questi anni sono continuate le richieste di tener conto della loro graduatoria, riconosciuta regolare, per coprire i vuoti di organico per pensionamento. Il DPCM 171/2014 ( La riforma Franceschini del MIBACT) determina un organico nazionale per il personale non dirigente di n.19.050 unità, ma già alla sua entrata in vigore si registra una effettiva presenza di sole 18.040 unità che al 31.10.2015 sono scese a 17.300, con una ulteriore previsione di diminuzione sostanziale entro il 2016. Pertanto ad oggi la carenza accertata è di 1700 unità e non di 1300 come invece indicato nella relazione della Legge di stabilità. L’età media del personale del ministero infatti è piuttosto alta. Quest’anno si calcola che andranno via 750 persone, nel ’18 saranno 950. L’insoddisfazione in sala &e; palese, i nervi a fior di pelle, si parla di ricorsi, di denunce alla Corte dei Conti, di bloccare tutto, di occupare Castel Sant’Angelo, si critica il modo di operare di Ales, si tocca con mano la voglia di rivincita di un settore che si sente preso in giro, colpito soprattutto nella dignità. Non è solo una questione di soldi (anche se stanno lavorando da dieci anni senza essere retribuiti per le mansioni superiori che esercitano, dicono), anzi questo è uno dei problemi minori per molti, anche perché a certi livelli di anzianità la differenza sarebbe minima. Di fronte alle nuove assunzioni, gli idonei vedono vacillare la possibilità di ottenere l’ambito riconoscimento. Perché non pensare a un 50% ai nuovi e un 50% agli idonei? Evita le polemiche sterili Pietro Manupelli del comitato dei funzionari ombra, riconoscendo come la vicenda sia stata giocata male da tutti, personale compreso. Preoccupante la “latitanza” del ministro, lamenta, e si chiede perché non ci sia stata la possibilità di un intervento normativo come è avvenuto per altre amministrazioni. E il riferimento è alle Dogane che hanno avuto quello che volevano. Critiche e autocritiche non mancano fra applausi quando intervengono i più arrabbiati e vivaci commenti ad alta voce nei confronti dei sindacalisti rei di aver ottenuto ben poco fin qui. Si tratta comunque di una ripartenza, la questione ha ripreso a muoversi, ma bisogna trovare gli strumenti adatti per farla progredire. E c’è chi dice esplicitamente “o quagliamo ora o siamo fuori”. I sindacati hanno ribadito il loro impegno e chiesto anche un incontro ad alto livello. “Stiamo valutando – precisano – la possibilità politica di far passare un provvedimento a sanatoria”. E ricordano che è stato congelato un milione e mezzo di euro proprio allo scopo dello scorrimento. Ai sindacati i presenti fanno domande chiare senza appello. “Volete fare qualcosa? Diteci cosa dobbiamo fare noi. Cosa siete disposti a fare voi? Vogliamo sapere qual è la vostra posizione”. E viene ripetuta l’accusa di aver fatto un grosso errore strategico, non aver esercitato abbastanza pressione sulla parte politica. Basta promesse vuote di contenuto, ripetono, i sindacati devono essere tutti uniti. Anche loro ora ritengono che l’unica strada percorribile sia quella politica. La proposta di sindacati è che “Il ministro parli al collega della funzione pubblica chiedendo che venga mantenuto l’impegno assunto nei confronti di questo personale”. Una soluzione che viene accolta con una buona dose di scetticismo dai presenti che pensano piuttosto a prese di posizione drastiche: il sindacato non deve firmare alcun accordo separato col Ministro. Si deve giocare una partita fino in fondo. La riunione, formalmente chiusa, prosegue al piano superiore in quella che era un tempo l’Emeroteca, sotto lo sguardo beneaugurante di papa Gregorio XIII Boncompagni, artefice del Collegio Romano. Alla delegazione il dottor Alessandro Benzia, consigliere del ministro per l’attuazione della riforma, ribadisce “l’impegno del governo nel raggiungere un risultato, non la garanzia”. “E’ nostro interesse – sottolinea - cercare una soluzione a questo problema, che non è semplice. Se fosse stato semplice l’avremmo già fatto”. (ricordano però i funzionari la lettera già inviata al Ministro Franceschini, nella quale “Aggiungiamo inoltre che il protocollo di intesa concordato recentemente nell'ambito dell'importante riunione di contrattazione del 17 ottobre scorso prevede un preciso impegno politico assunto direttamente dalla direzione del Mibact e avallato dal Capo di Gabinetto, Giampaolo D'Andrea, finalizzato allo sblocco delle nostre progressioni professionali”). E dopo aver inquadrato la questione in una visione d’insieme, dichiara che l’impegno del ministro è d’inserire nel testo unico del pubblico impiego una norma che permetta di risolvere il problema. E’ l’unica soluzione. E a breve, entro maggio”. Una norma che riguarda tutte le amministrazioni, che deve superare questo vizio di forma – prosegue - Ma occorre senso di responsabilità e impegno di tutti. E nessun braccio di ferro.
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